Vai al contenuto

24 aprile 1915

Marco Di Marco
Marco Di Marco

Organizzatore culturale nel campo dell’ecologia, è direttore tecnico del Centro di Etica Ambientale di Bergamo e segretario dell’Associazione “Etica, Sviluppo, Ambiente – Adriano Olivetti”. Socio fondatore dell’Associazione “Argonauti Explorers”

All’alba del 24 aprile 1915 ebbe inizio a Costantinopoli il rastrellamento di intellettuali e notabili armeni. Nel mese successivo più di mille persone – scrittori, giornalisti, avvocati, medici, insegnanti, scienziati, uomini politici – furono deportate verso l’Anatolia e massacrate lungo la strada. Questa operazione, che aveva lo scopo di decapitare il popolo armeno delle sue élite, fu il prologo all’attuazione di un terribile piano di sterminio di un’intera nazione. Seguì l’eliminazione di tutti gli uomini validi, dai 18 ai 60 anni, che erano stati già chiamati alle armi nell’esercito turco: la Prima Guerra Mondiale vedeva infatti l’Impero Ottomano alleato degli Imperi Centrali. Si calcola che siano stati prima disarmati e poi massacrati 350.000 soldati armeni.

A questo punto il governo ottomano diede l’ordine di deportare l’intera popolazione armena dall’Anatolia orientale. Con il pretesto di evacuare le zone di guerra, in tutte le province – dopo l’eliminazione dei capi politici e dei notabili, gli arresti e le esecuzioni in massa degli uomini – anziani, donne e bambini venivano incolonnati e fatti camminare per chilometri e chilometri su altopiani desertici. Pochi arrivarono in Mesopotamia alla fine di un lungo calvario. La maggioranza fu decimata lungo la strada. Assalti da parte delle tribù locali (spesso curdi) e di briganti, con furti, stupri, rapimenti e massacri, e poi le angherie e le violenze dei gendarmi turchi di scorta, e poi ancora le terribili condizioni ambientali, le fatiche disumane, la denutrizione e le epidemie. La tragedia si completò in Siria, quando i superstiti, che avevano raggiunto Aleppo in condizioni paurose, furono sospinti a morire di stenti nelle sabbie del deserto attorno a Deir ez-Zor.

Il genocidio era un frutto avvelenato della crisi finale dell’Impero Ottomano. Il nascente nazionalismo turco rispondeva alla perdita dei territori balcanici e quindi della parte europea, contrapponendo alla multietnicità dell’Impero il progetto di un unico Stato, rigorosamente turco e musulmano, che avrebbe dovuto riunire tutti i popoli di lingua turca dall’Anatolia all’Asia Centrale, passando per il Caucaso. È quindi in seno al movimento dei “Giovani Turchi” e nell’ambito della sua ideologia – detta “panturchismo” – che venne teorizzata già alla fine dell’800 la “pulizia etnica” come strumento per arrivare a questa omogeneità. Gli armeni, che per secoli avevano vissuto nell’Impero potendo praticare la loro fede e coltivare la propria cultura, erano diventati l’obiettivo primario di questa campagna ideologica. Con la presa di potere dei “Giovani Turchi” (1909) e la successiva entrata in guerra contro la Russia fu facile per i fautori della “soluzione finale” agitare contro gli armeni l’accusa di essere una “quinta colonna” dell’Impero nemico, che come loro era cristiano, ed ospitava all’interno delle sue frontiere la parte orientale dell’Armenia.

Così la teoria trovò purtroppo le condizioni per diventare una tristissima realtà in cui si doveva consumare, con il massacro di oltre un milione di persone, la più grande tragedia della nazione armena.

Nell’indifferenza del mondo, troppo preso dalla grande mattanza della Prima Guerra Mondiale, la presenza di un popolo fu letteralmente cancellata da buona parte delle terre su cui aveva costruito la sua storia in più di due millenni. Oltre ai milioni dispersi nel mondo, una parte degli armeni rimase nella piccola porzione orientale, che presto fu inglobata nell’URSS. Con la protezione sovietica – anche se il “prezzo” da pagare fu alto, con le migliaia di vittime delle purghe staliniane – poté sopravvivere un “focolare” nazionale da cui trenta anni fa sarebbe nata la piccola Armenia indipendente dei nostri giorni.

Pubblicato sulla rivista FRONTIERE – SHANTHI nel 2011 in un Dossier dedicato all’Armenia

Categorie

storia

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: