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Armemia: l’itinerario

Marco Di Marco
Marco Di Marco

Organizzatore culturale nel campo dell’ecologia, è direttore tecnico del Centro di Etica Ambientale di Bergamo e segretario dell’Associazione “Etica, Sviluppo, Ambiente – Adriano Olivetti”. Socio fondatore dell’Associazione “Argonauti Explorers”

Da una proposta di Shushan Martirosyan, rielaborata da Marco di Marco

L’Armenia è piccola, quindi in una settimana è possibile acquisirne un’immagine complessiva. Altro discorso è conoscerla a fondo, uscendo dalle rotte più battute per penetrare nello spirito di questa nazione. Occorre pensare infatti a questo piccolo Paese come ad una sorta di “ologramma” della più grande Armenia storica, di cui ci offre tante sfaccettature. Come pure sarebbe interessante dedicare qualche giorno ad una puntata nel Nagorno Karabakh, l’enclave armena che si è resa indipendente de facto dall’Azerbaigian con la guerra del 1991-94. Ripercorriamo dunque passo dopo passo l’itinerario con cui l’amica Shushan Martirosyan, con l’aiuto della nostra guida Karen “Carlo” Daveyan, ci ha “iniziati” con passione e competenza all’universo armeno.

Un buon modo per cominciare il viaggio è dedicare un’intera giornata a Yerevan. Per apprezzare la profondità storica della cultura armena, è d’obbligo una visita al Matenadaran, l’Istituto delle ricerche dei manoscritti e miniature antichi, dove sono custoditi più di 17mila manoscritti. Subito dopo, il Memoriale e il Museo del Genocidio degli armeni del 1915, perpetrato in Turchia, ci introducono drammaticamente alla storia di questo popolo attraverso la sua vicenda più tragica. Il Museo di Storia Nazionale, infine, ci offre una panoramica dell’antica Armenia (preistoria, epoca precristiana e poi cristiana) attraverso la sua importante collezione archeologica, etnografica ed architettonica. Ma a Yerevan non ci si può limitare ad “andare per musei”. Nei fine settimana non si può perdere il mercato Vernissage, nel centro della città: tappeti armeni e anche persiani, lavorazioni e gioielli in argento, pietre dure, lavorazioni su legno, tufo e ossidiana, ricami e quadri di pittori locali. E, tutti i giorni, il centrale Pak Shuka, o “mercato coperto”, ci offre anche lui profumi mediorientali con la sua varietà di frutta e le numerose spezie. Per concludere la giornata mischiandosi alla folla nella piazza della Repubblica, dove le musiche di Khachaturian danno il ritmo all’ondeggiare fantasmagorico delle fontane. E magari cogliere, con uno spettacolo di danze tradizionali del balletto nazionale, una speciale opportunità di vedere e conoscere un altro aspetto della cultura armena.

Venti km a ovest di Yerevan si può raggiungere la città di Ejmiadzin (detta anche Vagarshapat), la capitale religiosa dell’Armenia, in quanto sede del Katholicos, il primate della Chiesa apostolica armena. “Ejmiadzin” significa “della Discesa dell’Unigenito”, ed è la dedica della Cattedrale in cui la domenica (vale la pena di programmare le date del viaggio in modo da esserci) si celebra la messa più solenne e ricca in rito armeno con la presenza del Katholikos. Ma la chiesa più bella di Ejmiadzin è Santa Hripsime (VII sec. d.C), e poi sulla strada del ritorno alla capitale si possono ammirare le rovine della maestosa cattedrale di Zvartnots (sempre del VII sec.) considerata il capolavoro dell’architettura religiosa armena.

Partiamo ora per un lungo trasferimento che ci porterà nella regione meridionale di Syunik. A poche decine di km da Yerevan ci attende il monastero Khor Virap (“della fossa profonda”, dove per 13 anni fu prigioniero S. Gregorio l’Illuminatore) con la veduta del leggendario monte Ararat. Attraversando poi la regione di Vayots Dzor, 7 km di digressione lungo una gola rocciosa ci portano al monastero di Noravank, spettacolare complesso di tre chiese. Quella della Santa Madre di Dio (Surp Astvatsatsin) svetta su uno sfondo rossastro di dirupi con la sua originale struttura a due piani. Più avanti, a Gladzor, ci soffermiamo sulle rovine dell’Università medievale: nell’“Atene dell’Armenia” si studiavano grammatica, retorica, logica, aritmetica, geometria, astronomia, teoria musicale.

Noravank. Foto di Marco Di Marco
Monastero di Gladzor. Foto di Mario De Giorgi

Poche decine di km ci separano ormai dal confine iraniano, come si “legge” sulle targhe dei sempre più numerosi TIR. La cittadina di Goris, al centro di una zona punteggiata da singolari formazioni rocciose che ospitano antichi villaggi rupestri – il più famoso è Khndzoresk – è una buona base per visitare il complesso monastico fortificato di Tatev, che verso la fine del XIII secolo era un importante centro culturale ed artistico. Posto su un dirupo a dominare in posizione mozzafiato la gola del fiume Vorotan, il monastero da pochi mesi può essere raggiunto con una spettacolare funivia – con i suoi 5,7 km la più lunga del mondo.

Ritornando a nord si deve ripercorrere la strada che ci aveva portato fin quaggiù. Non ci sono alternative, l’Armenia si riduce qui ad una sottile striscia che si incunea, in direzione SE verso l’Iran, tra l’enclave azera del Nakhchivan e il Nagorno-Karabakh. In prossimità di Sisian ci fermiamo a interrogarci sul significato delle centinaia di menhir e dei loro misteriosi allineamenti tracciati sulle ampie e ondulate praterie di un bellissimo altopiano. È il Karahunje, lo Stonehenge armeno. La strada di montagna che imbocchiamo a Yeghegnadzor ci porta al passo di Selim (2410 m.) con l’antico caravanserraglio, tappa tra Oriente e Occidente lungo la Via della Seta. E poi giù verso la superficie azzurra del lago Sevan, lungo le cui sponde la “cultura delle pietre” si materializza nell’antico cimitero monumentale di Noraduz con i suoi 900 katchkar antichi e medievali. Dopo aver visitato l’antico monastero di Sevan posto su una penisola all’estremità nord del lago, questo lungo giro che ha coperto tutta la parte sud-orientale del paese si può concludere facendo ritorno alla capitale.

Noraduz. Foto di Marco Di Marco

Da Yerevan, un’escursione in giornata nella vicina regione di Kotayk ci permette poi di ammirare uno dei più originali e suggestivi monumenti dell’Armenia cristiana. E’ il monastero di Geghard, tra i pochi esempi di architettura rupestre, per metà costruzione esterna e per metà nella roccia (tre chiese scavate nel basalto, tra il IV e il XIII sec.), famoso per aver custodito fino a pochi anni fa quella che si crede sia la lancia che trafisse il costato di Gesù Cristo. Non molto distante da Geghard, a Garni, si trova l’unico tempio pagano rimasto in Armenia, dedicato a Mitra nel I secolo d.C.

Geghard. Foto di Marco Di Marco

Ed eccoci in direzione nord verso il confine con la Georgia. Nei pressi di Dilijan, nella regione di Tavush, troviamo due tra i complessi monastici più interessanti dell’Armenia. Dapprima quello di Goshavank, fondato nel XIII secolo dal monaco Mekhitar Gosh, la maggiore figura intellettuale del Medio Evo armeno, autore del primo Codice Penale civile dell’Armenia. E poi, immerso nei boschi del Parco Nazionale Dilijan, quello di Haghartsin (X-XIII sec.), di cui sta terminando il restauro: tornerà così ad essere abitato dai monaci, il primo tra i complessi monastici medievali dopo il periodo sovietico.

Goshavank. Foto di Marco Di Marco

Superata Vanadzor, la terza città dell’Armenia, si arriva ad Alaverdi, la cittadina delle miniere del rame. Siamo nella Regione di Lori, che vanta i complessi monastici di Haghpat e di Sanahin (X-XIII sec.), i primi ad essere stati riconosciuti dall’UNESCO (1996) come Patrimonio dell’Umanità. Quello di Haghpat, con il suo originalissimo campanile isolato dagli altri edifici (una base cruciforme sorregge un corpo ottagonale sormontato da una cupola a sua volta sorretta da eleganti colonne), con le sue biblioteche sotterranee, gli scriptoria, le scuole e i refettori è un autentico gioiello. Non è da meno il monastero di Sanahin che, in una cornice suggestiva, fronteggia Haghpat sull’altro lato della vallata. Nel periodo del suo massimo splendore, prima che l’invasione mongola ne avviasse l’irreversibile decadenza, Sanahin era famoso per la sua scuola di miniature e calligrafia.

Sanahin. Foto di Marco Di Marco

Il viaggio in Armenia si conclude, al confine con la Georgia, con la visita alla chiesa di Akhtala dalle mura fortificate, l’unica – ed è una sorpresa finale – con affreschi, splendidi, in stile bizantino.

Akhtala. Foto di Marco Di Marco

Pubblicato sulla rivista FRONTIERE – SHANTHI nel 2011 in un Dossier dedicato all’Armenia

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viaggi

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