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Matteo Manzitti

intervistato da Massimo Rolandi

Massimo Rolandi

La prima domanda, inevitabile per tutti i nostri ospiti non di origine armena è… come è scattato, nel tuo caso, l’interesse per questa cultura così antica e di cui in Italia si parla così poco? Quale esperienza personale fu, nel tuo caso, galeotta? 

Durante l’ultimo anno di Liceo feci una tesina sul genocidio armeno, e comprai un libro di Yves Ternon che oltre alla terribile tragedia del 1915-1916 raccontava più in generale la storia di questo popolo così affascinante. Ricordo che rimasi colpito nell’apprendere che gli Armeni sono stati il primo popolo cristiano della storia, il primo popolo cioè ad adottare il cristianesimo come religione di stato.

L’Armenia si trova fuori dall’Europa dal punto di vista strettamente geografico, ma ci sono sicuramente buoni argomenti per farla rientrare in un contesto culturale europeo in senso lato. Quali elementi della tradizione musicale armena la possono avvicinare a quella europea? Quali elementi invece la distinguono? Quali elementi ha in comune con tradizioni orientali come quella persiana? 

Uno degli elementi che avvicinano l’Armenia all’Europa è forse proprio la religione, ma forse il “carattere europeo” più marcato che ha consiste proprio nel suo essere a cavallo tra tradizioni diverse. Bisogna anche avere un’immagine chiara di cosa sia “europeo” per poter dire cosa gli assomigli, e certamente è europeo ciò che è eterogeneo, plurale, complesso. Dal punto di vista musicale ovviamente bisogna distinguere la musica popolare dalla musica “colta”: mi sembra di poter dire che i materiali fondamentali, le grammatiche ricorrenti, i gesti melodici della musica popolare armena guardino verso oriente, attraverso l’utilizzo di certe scale e una costruzione musicale monodica, ma poi i compositori armeni li hanno rielaborati, trascritti e ri-arrangiati con modalità d’organizzazione tipicamente europee.

Quali sono gli argomenti più ricorrenti nel patrimonio del canto popolare armeno? Quali sfide e difficoltà pone la trascrizione dei canti popolari?A livello personale, quali brani / temi / aspetti ti appassionano maggiormente?

La tradizione dei canti armeni vede canti religiosi, canti d’emigrazione, canzoni patriottiche e canti d’amore, non discostandosi nelle tematiche da altre tradizioni nazionali. Quello che contraddistingue però a mio avviso la tradizione musicale armena è un “tono” che riesce a tenere insieme solennità e dolcezza, anche nei canti liturgici più importanti. La musica racconta sempre le vie più sottili e indicibili, le caratteristiche più profonde di un popolo. Il carattere pacifico e altamente spirituale degli Armeni risulta evidente ascoltando la loro musica. Komitas fece un grandissimo lavoro di catalogazione e trascrizione di canti popolari armeni, in maniera simile a ciò che fece Alan Lomax in Italia. Non è mai facile rapportarsi con questi materiali originari e originali, anche perché facendoli diventare “testi” è ovvio che perdano qualcosa della loro natura orale, a prescindere da quanto possa essere precisa la notazione di tutti gli stilemi vocali.  Non c’è altra scelta, però, in quanto spesso questa è una necessaria operazione di salvataggio di pratiche musicali che altrimenti scomparirebbero nel nulla.

 Trovi che la musica armena sia sottovalutata, non conosciuta come meriterebbe? Quali compositori dovrebbero essere assolutamente noti agli appassionati di musica classica? 

Non direi che i compositori armeni siano sottovalutati: Komitas e Kachaturian sono regolarmente presenti in molte programmazioni concertistiche. La musica popolare forse sì: potrebbe avere una divulgazione maggiore, ma non direi che questo sia un problema che riguarda solo la musica armena.