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Nadia Pasqual

intervistata da Massimo Rolandi

Massimo Rolandi

La prima domanda, inevitabile per tutti i nostri ospiti non di origine armena è…come è scattato, nel tuo caso, l’interesse per questa cultura così antica e di cui in Italia si parla così poco? Quale esperienza personale fu, nel tuo caso, galeotta?    

Il mio interesse per l’Armenia è scattato nel gennaio del 2007, quando ci andai per la prima volta. Ero stata ingaggiata da un’agenzia di sviluppo internazionale che gestiva un progetto per lo sviluppo economico del Paese. Tra i settori economici obiettivo del progetto c’era quello turistico, nel quale sono specializzata. In pratica, ero stata ingaggiata per occuparmi della promozione dell’Armenia nel mercato turistico  italiano e andavo a incontrare i referenti del progetto, i dirigenti delle organizzazioni turistiche e gli operatori turistici armeni. Quel primo viaggio in Armenia fu per me anche l’occasione per visitare le principali località storiche e culturali del Paese.

Eravamo in pieno inverno e alcune strade erano impraticabili, ricordo che visitai il Museo nazionale di storia, il Matenadaran e il centro di Yerevan, poi Etchmiadzin, la sede del Catholicos, Patriarca di tutti gli armeni, che fa parte del sito UNESCO che comprende i resti della cattedrale di Zvartnots. Poi mi accompagnarono al tempio di Garni, al monastero Geghard, al lago Sevan e all’omonimo monastero. Arrivammo fino all’estremo nord est, vicino al confine con la Georgia, per visitare i monasteri di Haghpat e Sanahin, riaperti da poco al culto. Ho un ricordo vivissimo di quel primo viaggio, anche se sono passati quindici anni e in Armenia poi ci sono tornata oltre venti volte nel corso degli anni. Rimasi affascinata da quel paesaggio innevato che si rivelava curva dopo curva tra valli e passi di montagna che sembravano susseguirsi all’infinito. Era tutto immerso nel candore della neve che brillava al sole e lo rendeva fiabesco. Rimasi anche particolarmente colpita dal calore con il quale le persone mi accolsero e mi fecero subito sentire a casa: nacquero amicizie che durano tuttora. Quel primo viaggio fu una folgorazione, mi appassionai immediatamente all’Armenia, perchè si percepiva un mistero arcaico, una saggezza antica: quel piccolo paese era chiaramente espressione di una civiltà molto grande. Appena tornata mi misi subito a leggere e studiare per saperne di più, e da allora non ho mai smesso.

Hai girato l’Armenia in lungo e in largo, traendone una guida di viaggio [“Armenia e Nagorno Karabakh”, edita da Polaris] che tra l’altro ha colmato una grave lacuna editoriale (e culturale, direi). A quali luoghi ti senti più attaccata? Quali ti emozionano in modo particolare? Per quali motivi?

Lavoravo alla promozione dell’Armenia in Italia per farla conoscere a tour operator e agenti di viaggio, al pubblico e alla stampa. Mancavano però gli strumenti e i materiali in lingua italiana: brochure, sito web, una guida di viaggio. Tutti coloro che sapevano qualcosa dell’Armenia si riferivano al genocidio degli armeni e citavano il romanzo “La Masseria delle Allodole” di Antonia Arslan, che era uscito tre anni prima, nel 2004. Per il resto, sembrava che l’Armenia come destinazione turistica non esistesse. Così scrissi la guida di viaggio che uscì nelle librerie nella primavera del 2010; fu la prima e rimase l’unica per diversi anni. In copertina ci misi il monastero di Noravank, uno dei miei luoghi preferiti per la raffinatezza dell’architettura e delle decorazioni, ma anche per il paesaggio idilliaco nel quale si trova incastonato, che si raggiunge dopo aver percorso un impressionante canyon roccioso. Ogni volta che ci torno mi emoziono come la prima volta! Ci sono molti luoghi ai quali sono affezionata in Armenia, ma una delle cose che adoro di più è girare per il centro di Yerevan, dove mi sento come a casa. Mi piace sedermi in un caffè all’aperto oppure assistere a uno spettacolo di luci e suoni intorno alla fontana di piazza della Repubblica, si incontra facilmente qualcuno che si conosce per fare due chiacchiere! Una delle cose che mi emozionano sempre è vedere il monte Ararat dall’aereo. Quando lo intravedo mi volto subito dal lato opposto per cercare di localizzare il monte Aragats. Due visioni celestiali che ti fanno capire che sei arrivato in Armenia.

L’Armenia è una destinazione adatta a quale tipo di viaggio (e di viaggiatore)? Cosa si potrebbe fare per renderla una meta ancora più desiderabile per un turismo di qualità? Hai qualche luogo ancora poco conosciuto ma imperdibile da suggerirci?

L’Armenia è una destinazione adatta ai viaggiatori curiosi, interessati alla storia, all’archeologia, alla cultura, alla spiritualità, alla letteratura, all’architettura, all’arte, alla natura, alla montagna, alla geopolitica e molto altro ancora. Non è una destinazione per persone superficiali in cerca di divertimenti modaioli, per intenderci. E’ un luogo talmente denso di storia, cultura e umanità, che per apprezzarlo bisogna aver voglia di comprenderlo, di andare oltre le apparenze. Per renderla più desiderabile non serve fare molto, basta farla conoscere! Sono ancora pochi gli italiani che pensano all’Armenia come a un paese da visitare, non perchè non offra validi motivi per un viaggio, bensì perché spesso associano gli armeni al Genocidio del 1915 e non sanno che esiste un paese solare, ospitale e vitale che ha tanta voglia di farsi conoscere e condividere la sua grande eredità culturale. Le persone, gli incontri, i luoghi, le esperienze che si fanno in Armenia fanno vivere emozioni intense, che lasciano il segno. Certo, migliorare i collegamenti aerei renderebbe più facile visitarla, ma per il resto ci sono già tutti i servizi turistici che si possano desiderare, e di buon livello. Tra i luoghi ancora poco noti ma imperdibili ci metterei le località dove vivono due minoranze: quella dei curdi yezidi intorno a Rya Taza, nella regione di Aragatsotn, lungo la panoramica strada che da Yerevan conduce a Spitak e Vanadzor, e quella dei molokani, Vecchi credenti di origine russa, a Fioletovo e Lermontovo, nella regione di Lori. Sono comunità molto interessanti, con lingua, religione, usanze e tradizioni distintive.

A tuo avviso, per quali ragioni (storiche, etniche, culturali, ecc.) gli Armeni sono particolarmente legati all’Europa, molto più della maggior parte dei popoli che li circondano?

Gli armeni hanno fondato la loro identità culturale sulla loro lingua e sull’appartenenza al cristianesimo, cosa che ha permesso loro di mantenere la loro specificità e di non essere fagocitati dai potenti dominatori che si sono succeduti per secoli sul territorio armeno, in particolare persiani e turchi. Ancora prima del cristianesimo, gli armeni hanno subito l’influenza della cultura, della filosofia, della scienza e del sistema di valori dell’antica Grecia che sono alla base della cultura europea. Gli armeni guardano all’Europa come faro della democrazia, dello stato di diritto, del rispetto dei diritti umani e della libertà. Le famiglie che potevano permetterselo mandavano i figli a studiare a Parigi, Amsterdam, Venezia e altre città europee, considerate all’avanguardia. Come altri popoli, hanno subito delusioni cocenti dall’Europa, che non è stata capace di difenderli nei momenti più drammatici della loro storia, e nemmeno sostenerli nel loro tentativo di affrancarsi dall’influenza russa e di emanciparsi economicamente e politicamente. Tuttavia, per la loro cultura, storia, in particolare per il ruolo di baluardo della cristianità, per mentalità e valori sono senz’altro europei.